(da
"DVD
World" n. 23, Novembre 2001)
CHE FACCIO, LO RICOMPERO?
Nonostante la giovinezza del supporto, anche in DVD cominciano ad apparire “nuove edizioni” di film già pubblicati in precedenza. Riversamenti più accurati, miglior qualità, nuovi extra, tutte caratteristiche che ci fanno sembrare obsoleta la versione che avevamo acquistato solo pochi mesi prima. E allora che fare, ricomperare due o più volte lo stesso film, o accontentarsi rinunciare? E soprattutto, perché gli editori non hanno realizzato subito l’edizione perfetta? A mio giudizio esistono motivazioni ben precise, come cercherò di spiegare.
Poco
tempo fa, esaminando le caratteristiche dell’“Ultimate edition” di La
Mummia, mi sono chiesto se ricomperarla o no. Mi ha trattenuto il fatto
che manca tuttora la musica isolata di Jerry Goldsmith, che invece è
presente nel DVD americano, e quindi tanto “Ultimate”, anche questa edizione
non è.
Uscito
dal negozio ho riflettuto ancora e mi sono reso conto che stavo per spendere
sessantamila lire per un film che già possiedo, solo per avere il
DTS che oggi non posso sfruttare, alcuni materiali aggiuntivi che avrei
guardato un paio di volte, e i sottotitoli nella mia lingua, che avrebbero
dovuto essere inseriti nella prima edizione (che già si fregiava
del titolo di “Collector’s Edition”). E se poi - dicevo tra me - dopo aver
fatto l'acquisto, fra qualche tempo mi ritrovo sugli scaffali un'edizione
“Super Ultimate” con la musica? Che faccio, l'acquisto per la terza volta?
Piccola consolazione è stata per me l'aver scoperto in seguito, dalle reazioni sui newsgroup e dai messaggi arrivati alla nostra rivista, che non sono il solo a essere perplesso di fronte alle riedizioni di titoli già apparsi in DVD. Alcuni titoli? Armageddon, per esempio, in una versione che ricalca l’edizione americana della “Criterion Collection”. 2001 odissea nello spazio, che esisteva già in Regione 1 ma è stato restaurato e rimasterizzato, anche se dalla nuova edizione è sparita l’intervista a Arthur C. Clarke (altro dilemma: le tengo tutte e due?). A qualcuno piace caldo, con un nuovo master anamorfico e numerosi extra, totalmente inesistenti nella prima edizione, solo dell’anno scorso! E l’elenco si allungherà, magari con l’arrivo anche in Europa delle “Superbits” della Columbia, prive totalmente di extra così da sfruttare tutta la capacità del disco per ridurre al minimo la compressione e dare la massima qualità audio e video possibile.
Che fare? Aspettare la versione “completa”, sapendo che potrebbe a sua volta essere rimpiazzata da una ancora migliore? Oppure comperare subito il disco, e poi ogni volta le versioni successive? Ecco, io temo che questo sia esattamente quello che gli editori vorrebbero che facessimo.
“Musica composta e diretta da John Williams”
George Lucas non è stato il primo, ma è quello che ha sfruttato meglio il meccanismo, e prima ancora che esistessero i DVD. Prendiamo l’esempio della musica di Guerre stellari. All’epoca dei film uscirono una serie di LP con la musica di John Williams: un doppio album per Guerre stellari, un altro doppio disco per L’impero colpisce ancora, uno solo per Il ritorno dello Jedi. Uscì anche un album registrato da un’etichetta specializzata, la Varèse Sarabande, che comprendfeva numerosi brani non compresi nei dischi “ufficiali”. Sei LP in totale.
Negli
anni ottanta tutti gli album vennero riversati su CD, e naturalmente gli
appassionati li riacquistarono.
Nel
1993 la Fox pubblicò uno splendido cofanetto di quattro CD che conteneva
la musica già apparsa nelle edizioni precedenti oltre a brani inediti
e registrazioni alternative di parecchi pezzi (in molti casi le versioni
incise su disco non erano esattamente le stesse usate nei film). Un must
per ogni collezionista che si rispettasse.
Ma
non era finita. In occasione della special edition della trilogia
vennero pubblicate
di nuovo tutte le colonne sonore dei film, in
due CD per ciascuno, con
altro materiale inedito, parte del quale
scritto per l’occasione, e in alcuni casi sostituito alla musica
precedente. In conclusione, molti collezionisti hanno acquistato nel corso
degli anni quattro versioni della musica in sei LP e una quindicina di
CD, benché ogni volta la maggior parte della musica fosse identica
a quella dell’edizione precedente.
La stessa cosa è successa con le videocassette: film singoli, box, pan&scan, widescreen, special edition (anch’essa in pan&scan e widescreen), special edition con anteprima della nuova trilogia... E non dimentichiamo che Lucas è stato ferreo nel dichiarare che non avrebbe prodotto il DVD dell’Episode I per alcuni anni, spingendo i fan ad acquistare la videocassetta per non dover aspettare, ma ha cambiato idea subito dopo che le cassette avevano battuto i record di vendita.
Non fraintendetemi: non ce l’ho particolarmente con Lucas, che è un brillante uomo d’affari ma anche un artista che a suo tempo ha rischiato tutto ciò che aveva per realizzare la sua visione. Il punto è che c’è una logica industriale ben precisa dietro tutto questo sistema, una logica che ha motivazioni validissime se la si guarda dal punto di vista del business.
Vendere per sopravvivere
Esistono industrie che, per definizione, vivono di vendite ripetitive dello stesso prodotto alla stessa clientela: quella alimentare ne è l’esempio più classico. Dobbiamo mangiare tutti i giorni: possiamo decidere di dare la nostra preferenza a una marca piuttosto che a un’altra, di servirci da un negozietto piuttosto che in un ipermercato, fare un po’ di scorta nel freezer, ma nel complesso i nostri consumi sono certi e soprattutto continuativi, e garantiscono all’insieme del settore lavoro, introiti e in ultima analisi la sopravvivenza nel futuro.
Per altre aziende è più difficile: gli acquisti non sono ripetitivi, i prodotti non deperiscono e durano nel tempo: automobili, elettrodomestici, mobili, apparecchi elettronici. In questo caso ci sono due modi per spingere i consumatori al riacquisto; far sì che i prodotti abbiano un ciclo di vita limitato, e che alla lunga non sia conveniente ripararli (la manutenzione di un’auto dopo qualche anno costa più delle rate per una nuova; e la riparazione di un apparecchio TV può corrispondere a oltre un terzo del prezzo di acquisto dell’apparecchio); in alternativa, bisogna immettere continuamente sul mercato prodotti con caratteristiche nuove e allettanti (quanti telefonini avete comperato negli ultimi quattro anni?).
Negli
ultimi decenni l’industria dello spettacolo ha visto cambiare considerevolmente
il proprio modello di business. Trent’anni fa l’unico modo per vedere un
film era aspettare che fosse riproiettato al cinema, e molte sale “di repertorio”
vivevano e prosperavano proprio grazie a film non recenti ma di sicuro
richiamo. Con l’arrivo delle televisioni private la situazione cambiò
perché il pubblico aveva un’ampia scelta di film che poteva vedere
a casa propria, ma comunque sempre sotto il controllo dei distributori,
che potevano decidere quanti e quali passaggi concedere alle emittenti.
In ogni caso, il rendimento di un film nel tempo era assicurato.
Con
l’arrivo dell’home video la situazione è cambiata drasticamente.
Fieramente avversate dalle case cinematografiche, le videocassette si sono
poi rivelate una fonte di reddito non indifferente e in molti casi superiore
a quella della proiezione cinematografica, ma hanno modificato radicalmente
i termini della questione. Una volta acquistata la cassetta, infatti, il
consumatore potrà vederla e rivederla, prestarla ad altri o rivenderla.
In ogni caso, pagherà una volta sola. Nel caso della videocassetta,
tuttavia, l’impatto di questo fenomeno è parzialmente compensato
dal fatto che la registrazione su una VHS consente una qualità audio
e video decisamente peggiore di quella del cinema e il nastro magnetico
ha una vita comunque limitata.
Un DVD è per sempre
Il
DVD ha ulteriormente rimescolato le carte. Per la prima volta è
disponibile un supporto con caratteristiche audio e video di prim’ordine
e soprattutto inalterabile nel tempo. Chi compera un DVD non avrà,
in teoria, mai più bisogno di spendere altro denaro per vedere
quel film. Non è un caso che le majors abbiano prima inutilmente
tentato di imporre sistemi che avrebbero costretto i compratori a pagare
un contributo per ogni visione (il famigerato DIVX, da non confondere con
la codifica video attualmente in circolazione), poi ipotizzato dei dischi
che si sarebbero degradati dopo un numero prefissato di passaggi. Comunque
alla fine hanno imposto la “codifica regionale” per limitare la libera
circolazione dei dischi. Tutti tentativi inutili; e se sulle prime i margini
di contribuzione sono stati garantiti da prezzi di vendita piuttosto alti
e da un ampio magazzino di film di successo, con la diffusione del supporto
i prezzi si stanno abbassando, mentre i film di maggior richiamo ancora
in attesa di essere pubblicati sono sempre meno.
Alcuni
produttori (Disney, Lucas, Spielberg) amministrano le uscite dei propri
classici con parsimonia, editandoli poco alla volta e rendendoli disponibili
per periodi limitati, così da creare ogni volta un evento e poter
applicare prezzi più alti.
Solo in alcuni casi edizioni “standard” e “speciali” escono contemporaneamente, per attirare un pubblico diverso: è successo in Italia, per esempio, con Men in Black, ed è già la politica della Disney negli Stati uniti (e prossimamente in Europa, vedi le due recenti edizioni di Biancaneve e i sette nani). In generale non mi stupisce affatto che si cerchi di incrementare le vendite dei titoli di maggior successo ripubblicandoli in edizioni migliori o più ricche. Non dico che mi piaccia, però in fondo è una pratica lecita, perché non si è comunque obbligati a riacquistare il titolo.
Bisognerà, semplicemente, diventare consumatori accorti. Valutare di volta in volta se le nuove caratteristiche hanno per noi un valore tale da giustificare il costo del prodotto, ricordando che se l’edizione che avevamo ci soddisfaceva, non è detto che di colpo debba diventare inaccettabile solo perché ne esiste una migliore.
Ma
purtroppo noi appassionati siamo incontentabili... Se no non avrei tutti
quei dischi di Guerre stellari in giro per casa.
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